Il lavoratore in smart working ha diritto ai buoni pasto? La risposta non è univoca e dipende dal singolo caso. Ecco una prima analisi.
L’epidemia da Covid-19 ha ristrutturato completamente tempi, metodi e prassi di lavoro per migliaia di lavoratori italiani ed europei. Tra le tante novità, la rivoluzione più importante, forse, è stata l’introduzione dello smart working. Strumento, invece, consolidato da anni e che, con ogni probabilità, vede mutato il suo destino, è quello dei buoni pasto. Il lavoratore in smart working ha diritto ai buoni pasto?
Una bella novità, quella dello smart working, sopratutto per tutti quei pendolari che trascorrevano quotidianamente ore sui mezzi pubblici o in coda nelle autostrade per percorrere il tragitto casa -lavoro. Una novità che, però, ha comportato anche delle pesanti conseguenze sulle economie cittadine.
Smart working e buoni pasto: il lavoratore ne ha diritto solo se il benefit è esplicitato nel CCNL di riferimento o nel contratto individuale, ma con delle eccezioni.
Tra le tante domande che i lavoratori (più o meno) costretti ad adottare lo smart working si pongono, c’è il diritto al buono pasto. Secondo il Decreto Legislativo 18/2017 “il lavoratore in smart working ha diritto allo stesso trattamento normativo e retributivo di colui che lavora in azienda“. Sui buoni pasto, la legge sembra negare il diritto.
Per avere un quadro più chiaro, è necessario analizzare il singolo caso. Tendenzialmente, i quadri più comuni sono i seguenti:
- il buono pasto è esplicitamente previsto dal proprio CCNL o dal contratto personale stipulato con il datore di lavoro: anche in modalità smart working si ha diritto a ricevere il buono pasto. In caso di modifica, questa va concordata tra le parti o con un accordo sindacale;
- il buono pasto è un benefit concesso dall’azienda in modo unilaterale: anche qualora sia una prassi consolidata, il datore di lavoro può autonomamente decidere di non erogare più buoni pasto;
- il buono pasto è previsto dal regolamento aziendale: l’accordo può essere modificato in modo unilaterale dal datore di lavoro, purché venga rispettato il regolamento aziendale.
Il buono pasto non fa parte della retribuzione, ma è un benefit.
In quest’ottica, importanza rilevante ha assunto la sentenza del Tribunale di Venezia dell’8.07.2020, nella quale si dichiara esplicitamente che il buono pasto non fa parte della retribuzione, ma si tratta di un benefit concesso al lavoratore a seguito delle modalità concrete di organizzazione del lavoro.
All’interno del CCNL Regioni e Autonomie Locali 14.09.2000, inoltre, si esplicita come, per la maturazione dei buoni pasto, sia necessario che l’orario di lavoro sia organizzato in specifiche fasce orarie e che il pasto venga consumato al di fuori di esso. Il lavoratore in smart working può organizzare il suo tempo, per questo motivo, l’obbligo di buoni pasto a carico dell’azienda non sussiste.