Lavoro alle prese oggi, con un contesto sociale ed economico estremamente delicato. In questa fase sono molti i lavoratori a doversi districare nelle procedure e nelle dinamiche del licenziamento. Cerchiamo quindi in questa occasione, di fare un po’ di chiarezza andando a meglio illustrare quando la fine di un rapporto di lavoro si possa definire licenziamento nullo.
Lavoro e licenziamento: quando è nullo
Anche se per il lavoratore oggetto di licenziamento indipendentemente dall’imponenza della sua Azienda vige la possibilità di essere reintegrato a seguito del licenziamento, vi sono delle situazioni in cui il fine rapporto è da definirsi nullo. Inoltre è bene ricordare che andando a perdere il proprio posto di lavoro, una volta riacquisita la propria postazione lavorativa, il dipendente si vedrà anche riconosciuta un’indennità economica.
L’importo sarà risultante in proporzione all’ultima retribuzione che avrà maturato per tutto il tempo in cui sia stato lontano dal lavoro. Vi sono quindi delle situazioni in cui il licenziamento sarà da ritenersi nullo come ad esempio:
- Quando avviene comunicato solo in forma orale a cui non fanno seguito comunicazioni ufficiali.
- Nel caso in cui si vada a discriminare il lavoratore imputando eventi mai accaduti, o per comportamenti mai assunti.
Quando il licenziamento sul lavoro non ha alcun valore
Vi sono delle motivazioni che non hanno alcun valore, al fine del licenziamento del dipendente:
- Quando il lavoratore appartenga a organizzazioni sindacali.
- Nel caso di differente fede politica o religiosa.
- A causa di ritorsioni personali.
- A causa di una maternità.
- Per via di un matrimonio.
- Ogni qualvolta si manifesti un’azione discriminatoria per razza, religione, sesso, invalidità, età o orientamento sessuale.
Nel caso di licenziamento in forma orale: cosa succede
Il dipendente che sia licenziato attraverso solo la forma orale, ha diritto a riappropriarsi del suo posto di lavoro, a prescindere dall’entità della propria Azienda. Inoltre si avrà diritto anche ad un preciso risarcimento dei danni subiti che si andranno a definire con il conteggio delle mensilità di retribuzione che decorrono dalla data dell’ingiustificato licenziamento, fino al momento del suo reintegro.
È stato stabilito infatti che il licenziamento sul posto di lavoro deve perfezionarsi sempre in forma scritta, avendo sempre la riprova che il dipendente l’abbia ricevuta.
Proprio a tal riguardo non hanno alcun valore messaggi sullo smartphone o il canale della normale posta elettronica. Il datore di lavoro dovrà sempre comprovare l’effettivo ricevimento del licenziamento, da parte del proprio dipendente. Questi avrà a sua disposizione sempre il termine massimo di 60 giorni, per avviare la contestazione al licenziamento.
Quando il licenziamento si manifesta per ritorsione
Talvolta questa eventualità si può presentare nel caso in cui il lavoratore dipendente abbia portato avanti delle dimostranze nei confronti dell’Azienda, a causa di mobbing subito. In altre occasioni le ritorsioni possono verificarsi quando vi sia la volontà di andare a recuperare mensilità mai ricevute, e rimaste in arretrato.
Ecco quindi che l’ingiusta e arbitraria reazione da parte dei vertici aziendali a un comportamento legittimo del lavoratore interessato determina di fatto la nullità del suo licenziamento, evidenziando un palese motivo ritorsivo.
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