Auto elettriche e lavoro: perdita di dipendenti, più inquinamento o nuove prospettive?
Le auto elettriche sono una realtà: la maggior parte delle case automobilistiche sta investendo fior di milioni di euro su questo settore in rapidissima ascesa. Lo chiede l’ambiente, lo chiede la salute, ma lo chiede anche l’Europa che proprio sull’auto elettrica ha deciso di puntare.
Il nuovo sistema di propulsione rappresenta una sfida, ma anche una rivoluzione per quanto riguarda il processo produttivo. Un processo che vede coinvolti sia il consumo delle risorse, sia il capitale umano (i lavoratori).
Auto elettrica e auto termica: quale inquina di più nel processo produttivo?
Per costruire un’auto termica (indicativamente una berlina media) vengono prodotti 6.150 kg di CO2. Per costruire un’auto elettrica, invece, vengono prodotti 10.300 kg di anidride carbonica.
Appena uscita dalla fabbrica, dunque, l’auto elettrica è più “inquinante” di una termica, ma l’auto elettrica vince sul lungo periodo.
A confermarlo lo studio “From laboratory to road 2018” (International Council of Clean Transportation) secondo il quale i veicoli nuovi, in reali condizioni di utilizzo, restituiscono valori ben più elevati di quelli di omologazione.
Alla CO2 prodotta dall’automobile per effetto della combustione del carburante, bisogna aggiungere anche quella prodotta per produrre il carburante stesso e per portarlo fino alla macchina (estrazione, raffinazione, stoccaggio, trasporto, etc.).
Per l’auto elettrica, invece, nel computo entra la CO2 prodotta per la ricarica.
Mettendo insieme i dati (Claudio Rossi, Dipartimento di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione UNIBO) , si scopre che la macchina elettrica ha un impatto ambientale inferiore dell’auto tradizionale già a partire dal terzo anno di utilizzo: questo impatto diventa la metà dopo 15 anni di utilizzo.
Auto elettrica e lavoro: perdita di posti od opportunità?
Se sul piano ambientale i dati confermano l’assoluta convenienza dell’auto elettrica (anche se bisogna risolvere il problema “approvvigionamento energetico”), sul piano lavorativo c’è meno unanimità.
Secondo il centro studi tedesco IFO i posti di lavoro a rischio in Europa, con l’auto elettrica che prende piede e soppianta l’auto termica, sarebbero 1,8 milioni su 3 totali.
Una vera e propria ecatombe sociale, paragonabile alla rivoluzioni industriali precedenti.
L’Unione Europea, invece, è più ottimista: confida che i lavoratori “espulsi” dal ciclo produttivo siano riassorbiti dall’indotto alternativo generato dalla macchina elettrica.
Auto elettrica: meno parti da installare, meno dipendenti da far lavorare
C’è un dato tecnico che deve far riflettere: un’auto elettrica è composta da molte meno parti mobili: circa un decimo in meno a seconda dei modelli.
Ciò significa che, per assemblarle, servono meno persone. Se si guarda all’auto elettrica per eccellenza, la Tesla di Elon Musk, si scoprirà che nel suo stabilimento in California utilizza 160 robot automatizzati che assemblano 400 vetture a settimana.
Secondo alcuni studi commissionati dalla Commissione Europea i rischi dell’auto elettrica sono sostanzialmente due per il settore automobilistico del vecchio continente e dunque per i suoi lavoratori:
- esternalizzare la produzione delle batterie fuori dall’UE;
- rinunciare a puntare sull’auto elettrica in Europa e facendola produrre sempre fuori dai confini.
In questi casi, la perdita di posti di lavoro sarebbe elevata. In ogni caso questi sono solo studi: il mercato dell’auto elettrica è in ascesa, ma rappresenta oggi una piccola percentuale del totale.