Saldo e Acconto dichiarazione redditi 2021: un calcolo che sembra complicato
Saldo e acconto: quante volte avete tremato pensando a questo sistema di calcolo delle tasse? Il Fisco italiano non è particolarmente semplice, anzi: è molto complesso, cambia quasi ogni giorno e rimanere aggiornati è difficilissimo. Ecco perché la maggior parte di noi si affida a un professionista del settore, ma è sempre necessario?
Se siete un libero professionista che non ha particolari obblighi fiscali e utilizzate il regime forfettario, potrebbe essere una buona idea non solo calcolare le tasse che si devono allo Stato in autonomia, ma anche fare da soli la dichiarazione dei redditi. Oggi vogliamo parlarvi, però, solo del saldo e dell’acconto, spiegandovi come funziona il cosiddetto “metodo storico”: quello più sicuro e facile da usare.
Saldo e Acconto 2021: come funziona del Regime Forfettario 2021
Abbiamo un professionista in regime forfettario che nel 2020 ha ricavato come reddito lordo 26.500 euro. Quante tasse dovrà pagare nella dichiarazione dei redditi che apprestiamo a compilare? Intanto, calcoliamo il reddito sul quale poi calcoleremo le tasse da pagare.
Il nostro professionista ha un coefficiente di redditività pari al 78%, per cui il reddito sul quale calcolare le tasse sarà il 78% di 26.500 euro che è pari a 20.670 euro.
Il nostro professionista ha la sua partita Iva solo da 3 anni, quindi paga il 5% di imposta sostituiva: vale a dire 1033,5 euro. Questo, anche se sembra “astruso”, rappresenta l’acconto per il 2021 che pagheremo nel 2022.
Fondamentalmente, noi paghiamo non solo su ciò che abbiamo guadagnato l’anno precedente ma anche per quello che guadagniamo nell’anno corrente. A parole sembra molto complicato, ma nella realtà dei fatti è più semplice di quello che sembra.
Saldo e Acconto 2021: come si pagano
Sappiamo che gli acconti dobbiamo pagarli in due tranche: il 40% entro luglio, il 60% entro il 30 novembre. Se il nostro ipotetico professionista, nella dichiarazione precedente, aveva gli stessi identici numeri paga solo questi acconti, ovvero: 1033,5 euro in due tranche (la prima di 413,4 e la seconda di 620,1 euro). Il nostro professionista, invece, nella dichiarazione precedente (ovvero nell’anno 2019) aveva guadagnato meno: 23.000 euro tondi tondi, che con il coefficiente diventano 17.940 con 897 euro di imposta sostitutiva versata come “acconto” per l’anno successivo.
L’anno successivo, cioè il 2020, ha guadagnato di più quindi bisogna saldare ciò che manca: 1033,5 – 897 = 136,5 euro.
Questi 136,5 euro sono il saldo che bisognerà aggiungere all’acconto dell’anno successivo per “saldare” il pregresso: quindi 1033,5 + 136,5.
Non a caso, l’anno più “esoso” per un contribuente in partita Iva è proprio il secondo in regime di autoliquidazione poiché si pagano le tasse sia per il primo anno che per il secondo in acconto.
Più volte, nel corso dello scorso anno, si è detto che il Governo sta pensando all’eliminazione di questo sistema per passare a un pagamento puntuale delle tasse in base a ciò che si fattura mensilmente nello stesso anno.