La lenta uscita dal lockdown è accompagnata da continue revisioni al ribasso delle previsioni di crescita, via via che diventa chiaro che le misure di distanziamento sociale continueranno a rimanere in vigore nel prossimo futuro.
In assenza di notizie positive su un vaccino per il Covid-19, sembra che le preoccupazioni legate a una seconda ondata di contagi faranno procedere le autorità con cautela, a meno che (o finché) le ripercussioni economiche non diventino insostenibili.
Nel frattempo, in un contesto di inflazione in calo e rendimenti obbligazionari ai minimi, potrebbe esserci la tentazione di gonfiare i deficit fiscali e permettere alle banche centrali di stampare moneta, al fine di mitigare l’impatto recessivo.
Tuttavia, sembra pericoloso dare per scontato che il recente rally dei prezzi degli asset derivante da queste misure di stimolo implichi che i rischi economici siano stati arginati. Per di più, la conseguenza delle politiche attuali è un mondo sempre più carico di debito, con le nuove emissioni in costante aumento. Ciò non potrà durare all’infinito.
In ultima analisi, l’impatto economico può essere rimandato ma non può essere del tutto evitato. In un certo senso, forse le autorità non possono fare altro che cercare di nascondere le crepe di un’economia incrinata.
In questo senso, è sempre più evidente che le cicatrici della ‘Depressione da coronavirus’ potrebbero essere tanto profonde quanto quelle della crisi finanziaria globale, proiettando un’ombra sinistra sul decennio appena iniziato per l’economia globale.
Misure impegnative per tempi difficili
Prendendo il Regno Unito come esempio, fa impressione constatare che circa il 50% dei lavoratori stanno ricevendo lo stipendio dallo Stato. Nel frattempo, secondo alcune proiezioni un’azienda su tre potrebbe non sopravvivere alla turbolenza attuale, quindi la disoccupazione è destinata ad aumentare. In questo senso, abbiamo chiaramente superato la soglia oltre la quale si stanno verificando danni permanenti all’economia.
Dal punto di vista pratico, se c’è la necessità di mantenere le misure di distanziamento, è difficile immaginare come si possa mettere in sicurezza molti ambienti di lavoro e mezzi di trasporto e come la vita nelle grandi città possa tornare a una parvenza di normalità nei prossimi 12 mesi, o anche più a lungo. Tuttavia, visto che secondo i dati l’età media dei deceduti per coronavirus è superiore agli 80 anni, ci si può chiedere quando l’atteggiamento comincerà a cambiare a questo riguardo.
Il governo britannico è stato criticato da più parti per la risposta apparentemente confusa e nebulosa sugli step per allentare il lockdown. Tuttavia, è strano che certi media si aspettino che il governo abbia una risposta esatta per ogni situazione in cui ogni cittadino potrà trovarsi.
Forse è giunto il momento che Boris Johnson dica al Paese di crescere, assumersi le proprie responsabilità, usare un po’ di buonsenso e ingegnarsi per capire quali misure pratiche possono essere adottate per riprendere la vita quotidiana, minimizzando i rischi dove possibile.
Bilanciare i sussidi
Naturalmente, l’idea che lo Stato debba dirti cosa pensare e cosa fare sembra in contrasto con i principi dei Conservatori. Tuttavia, con gran parte della società che riceve stipendi e sussidi dal Governo, sembra che le attitudini stiano cambiando. Per esempio, nel cercare, giustamente, di proteggere l’economia e i suoi cittadini dall’impatto della crisi economica in cui ci troviamo ora, sarà anche importante monitorare che la prospettiva di ricevere un salario per non fare nulla non diventi una valida o auspicabile alternativa sul lungo termine.
Nonostante ciò, è chiaro che settimana dopo settimana il rischio di isteresi economica cresce. Ciò a sua volta potrebbe limitare la capacità dell’economia di rimettersi in piedi in caso di perdita di competenze e di riduzione della forza lavoro.
Focus sui mercati finanziari
I rendimenti dei titoli di Stato core sono rimasti all’interno dello stesso range. Gli spread dei bond corporate si sono lievemente ampliati nelle ultime due settimane, nonostante l’avvio del programma di acquisto degli ETF sui bond corporate della Federal Reserve. L’offerta ha mostrato pochi segnali di rallentamento, con gli emittenti felici di assicurarsi finanziamenti tramite bond a lunga scadenza con rendimenti che restano molto bassi rispetto agli standard storici, anche se gli spread sono relativamente ampi.
In Europa, gli spread dei bond periferici sono rimasti contenuti, in parte grazie alla brusca accelerazione degli acquisti della BCE nel contesto del PEPP, dopo la decisione della Corte Costituzionale Tedesca. I bond emergenti hanno invece registrato performance divergenti.
In Brasile, l’aumento dei tassi di contagio ha messo sotto pressione gli asset, con il real che si è mosso verso un nuovo record minimo rispetto al dollaro. In altri Paesi, la performance del credito e dei tassi locali è migliorata, con le banche centrali che hanno allentato i tassi al calare dell’inflazione.
I tassi di interesse reali sono stati tendenzialmente molto più elevati nei Paesi emergenti, beneficiando dell’allentamento delle politiche monetarie, tuttavia se la debolezza delle valute porterà a un nuovo rialzo dell’inflazione, questa tendenza potrebbe invertirsi.
Forze paradossali
Nel valutare l’attuale contesto per gli investimenti si potrebbe dire che, se un rallentamento di dimensioni epiche può sembrare una “forza irresistibile”, allora le iniziative adottate in risposta a ciò possono essere viste con un proverbiale “oggetto inamovibile”.
Le ingenti ondate di liquidità messe a disposizione hanno portato l’S&P500 a scambiare a livelli quasi identici rispetto a 12 mesi fa, mentre i profitti crollano. Monitorando i movimenti dei prezzi sui mercati, abbiamo osservato che è stato l’annuncio di alcune politiche a rappresentare un catalizzatore per il rally di ripresa di fine marzo-inizio aprile. Tuttavia, nelle ultime settimane abbiamo assistito a una sorta di stallo nei mercati, con le banche centrali che hanno adottato un approccio più attendista.
Sembrerebbe che siamo in attesa di vedere se il virus potrà essere contenuto e se le misure di chiusura saranno allentate, permettendo una prognosi economica più positiva all’avvicinarci al 2021, o se ci sarà un nuovo deterioramento del contesto, che porti a un’ulteriore perdita di fiducia nei mercati, rendendo necessarie nuove misure di intervento.
Sembrerebbe quindi che al momento sia in atto una sorta di braccio di ferro e, anche se la volatilità ha recentemente avuto una tendenza al ribasso, non sorprenderebbe vedere i mercati muoversi improvvisamente in una direzione o nell’altra.
Guardando avanti
Crediamo che mantenere la mente aperta possa ripagare. Tendiamo a ritenere che possa esserci un eccesso di ottimismo circa la rapidità della ripresa dell’attività economica nella seconda parte dell’anno. Bisogna anche ammettere che il livello di supporto politico al quale abbiamo assistito negli ultimi mesi non ha precedenti.
Ovviamente sarà sempre difficile per i policymaker calibrare la portata delle loro azioni in risposta a uno shock, specialmente se la natura di tale shock era prima sconosciuta. Visti i pericoli che dobbiamo affrontare ora, è comprensibile che le autorità continuino a ritenere che i rischi siano sbilanciati al ribasso – pur notando che esiste ancora un certo grado di compiacenza sul fatto che il Covid-19 sarà per natura solo temporaneo.
Se fosse questo il caso, si potrebbe fare il seguente paragone. Un golfista che deve fare un tiro corto superando però un ostacolo particolarmente sgradevole (come una pozza d’acqua), è più portato a colpire troppo forte e a tirare oltre la buca che non a colpire troppo piano, perché la prospettiva di ‘impantanarsi’ è peggiore di quella di superare la buca. Allo stesso modo, nel contesto attuale, i policymaker potrebbero ‘esagerare’ con le politiche, nella convinzione che uno sforzo insufficiente sarebbe più pericoloso di un’azione eccessiva.
Per questo, pensiamo di non aver ancora assistito alla fine delle politiche di allentamento e, anzi, ci aspettiamo che la BCE espanda il programma PEPP a giugno.
Come già detto, la strada davanti a noi non sarà una linea retta, quindi sarà necessaria accortezza nell’adozione di un mindset per cui cercheremo di “sell on strength and add on weakness”.
BlueBay Asset Management
BlueBay AM, asset manager attivo e specializzato nel fixed-income, fondato nel 2001 e con oltre $60 miliardi di AUM (al 31 dicembre 2019), offre un’ampia e variegata gamma di strategie obbligazionarie, facendo leva su una lunga tradizione nella gestione alternativa ed avvalendosi di oltre 120 professionisti degli investimenti. Con sede a Londra e presenza in 8 paesi, BlueBay AM è controllata da Royal Bank of Canada, rispetto alla quale mantiene piena autonomia di investimento e sostanziale indipendenza operativa.
Mark Dowding, CIO
Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.