Aziende italiane che malgrado i venti di guerra sono rimaste attive, in Russia. Il territorio da sempre è stato proficuo alle attività commerciali e finanziarie, provenienti oltre confine. Tanto è vero che gli operatori che provengono oltre il confine di Mosca, vanno ad integrarsi talmente in positivo, da andare a naturalizzarsi. A tal riguardo vediamo il caso della Renault, su suolo russo. La casa automobilistica ha stilato accordi con il ministero russo dell’Industria e del Commercio, andando così a cedergli il 100% delle azioni. Una scelta non isolata che testimonia come altre realtà straniere industriali, abbiano già battuto tale strada.
A seguito dei recenti accadimenti però c’è anche chi ha scelto di rimanere o andando a limitare il proprio operato, o comportandosi come in realtà nulla fosse accaduto a livello politico e militare.
Aziende italiane e valore commerciale russo
Da sempre l’Italia ha con la Russia uno stretto legame, a scopo commerciale. Ecco quindi spiegato il motivo per cui non è così semplice e conveniente sotto il profilo economico, chiudere la porta in faccia alla Russia di Putin.
A tal riguardo è bene rammentare che la Russia vedeva la presenza del 2,4% dello stock italiano di capitali investiti e le nostre aziende (442) fatturavano un totale pari a 7,4 miliardi in terra russa. I numeri quindi stanno a significare un valore pari al 2,6% di quello prodotto nei Paesi extra Ue.
Le aziende italiane con sedi all’estero ormai sono davvero numerose, e le scelte che portano ad investire fuori dal nostro Paese sono molteplici, sotto molti punti di vista.
Al momento è bene andare a definire quali siano effettivamente le aziende che stanno operando e quelle che invece hanno scelto la strada che le vede diminuire il proprio impegno in Russia. Diversi infatti sono coloro che per un momento hanno messo da parte le strategie di investimento. Alcune hanno invece addirittura avviato tutta una serie di processi, volti alla definitiva chiusura.
Anche scegliere la via della vendita di quanto sia stato creato in Russia, pare essere una strada che in diversi stanno cercando di percorrere. Renault a tal riguardo ha messo in atto una nuova strategia in merito a quanto costruito in terra straniera, che non contempla né la chiusura, né tantomeno il lasciarsi dietro di sé una porta chiusa in malo modo.
Realtà italiane all’estero oggi: il 71% di quelle in Russia, rimane attiva
Il conflitto con l’ucraina è giunto all’80° giorno, e sono già numerose le Aziende internazionali che hanno deciso di dare fine al proprio corso commerciale in terra russa. Sicuramente una decisione da non poter valutare alla leggera, sia per gli investimenti operati che per quanto operato fattivamente su suolo straniero.
A quanto pare circa il 70% delle aziende italiane presenti in Russia, ha deciso di mantenersi attiva, non cedendo all’ondata di chiusure e abbandoni. Tra queste troviamo anche:
- Buzzi Unicem ancora in attività.
- Calzedonia ancora in attività, ma con sospensione investimenti
- Campari in attività, ma ridotta al minimo possibile.
- Cremonini Group De Cecco ancora in attività.
- Delonghi Geox ancora in attività.
- Intesa Sanpaolo ancora in attività
- Menarini Group ancora in attività.
- Unicredit in attività, con valutazione di una chiusura.
- Zegna group ancora in attività.
- Barilla sospensione degli investimenti.
- Maire Tecnimont con sospensione delle attività commerciali
- Enel in ridimensionamento delle proprie attività.
- Ferrero in ridimensionamento delle attività.
- Iveco in ridimensionamento attività, con valutazione di eventuale chiusura.
- Purelli (ridimensionamento attività);
- Stellantis (sospensione produzione).
Aziende italiane in Russia: la fuga degli investitori esteri rallenta
Sicuramente uscire dalla Russia non è cosa semplice e non può essere messa in pratica dall’oggi al domani. Basti pensare al comparto bancario che ha all’attivo numerosi sportelli fisici, nel Paese.
Comunque un’eventuale nuova ristrutturazione aziendale uscendo dal Paese, in questo frangente prevarica sulle spinte emotive e morali delle prime fasi del conflitto dell’Ucraina. Allora uscire dalla Russia voleva essere anche un deciso segnale morale. Oggi si tirano bene le somme, e si pondera.